Laboratorio Archivistico 2020 Conosciamo i Docenti – Anna Fuggi

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L’arte del Management e il piano di battaglia per la gestione dei patrimoni complessi

L’importanza strategica del controllo di progetto

 

Intervista a Anna Fuggi

 

Budget, tempo e scopo: triangolo magico

“Archivi e project management. Gli strumenti per pianificare, programmare, eseguire, monitorare un progetto archivistico”, è il titolo del suo intervento all’interno del Laboratorio Archivistico 2020. Qual è il punto di partenza del suo corso e cosa è importante apprendere oggi per saper gestire il beni culturali attraverso il project management?


Contrariamente a quanto accade nelle altre parti del mondo, il Project Management in Italia è poco adottato per la gestione del patrimonio culturale e, nello specifico, quasi per nulla nella pianificazione del lavoro di archiviazione. Il primo punto da trasmettere è la filosofia alla base del project management, chiarendo che si tratta di una vera e propria metodologia applicabile trasversalmente a tutti i settori in cui si prevede la presa in carico di un progetto complesso.
Il linguaggio è mutuato dall’impresa, il metodo è stato sperimentato soprattutto in ambito meccanico e informatico, ma non si è ancora sufficientemente compreso che funziona perfettamente anche per la gestione dei musei e dei beni culturali. Si tratta di un lavoro di pianificazione, “scalabile”, che può essere facilmente appreso, scomponendo le macro attività in micro attività, nel rispetto dei tempi, del budget, delle risorse umane a disposizione e degli obiettivi da raggiungere. Una cultura organizzativa che funziona per piccoli e grandi progetti. Nel gergo si parla di triangolo magico: scopo, tempo e budget. Si tratta di incrociare i dati e tenere sempre sotto controllo le parti di cui il progetto si compone. Il tempo generale con i tempi particolari di ogni azione. Scomporre per misurare.

Project Professional Management, asset strategico

Come nasce la scelta di Hyperborea di applicare il PM ai beni culturali?


La presenza di Informatici accanto a noi Umanisti ha sicuramente facilitato la comprensione delle potenzialità di questo approccio. Prima ancora di ottenere la certificazione internazionale di PMP (Project Professional Management) all’interno della nostra Azienda, lavoravamo già per progetto, con un’analisi preventiva dell’intervento molto accurata. L’aver affinato la metodologia, dal 2010 ad oggi, ci ha permesso di trasformarla in una pratica che presenta moltissimi vantaggi, ovvero la misurazione costante dell’intero arco di progettazione, dall’inizio alla fine. Il primo passo consiste nello stilare un PPM (piano di Project Management) da condividere con il gruppo di lavoro.
Da quando si avvia il cantiere sino all’ultima fase, quella cosiddetta di “collaudo”, dobbiamo prevedere un  monitoraggio costante di avanzamento dei lavori, di verifica qualitativa e di controllo delle risorse umane impiegate. Attività che si possono scomporre nelle fasi di inventario,  di selezione e scarto, di schedatura descrittiva, revisione e informatizzazione.

Una corretta valutazione è garanzia di successo

Qual è il metro di misura a cui si fa riferimento in ambito archivistico per quantificare il lavoro? E quali i possibili rischi?


Per gli archivi la stima avviene in metri lineari, come se idealmente ponessimo l’ingombro spaziale dei documenti in una linea continua, e in peso,  tra i rischi da calcolare c’è anche una percentuale di scartabilità del materiali conservati, solitamente una percentuale del 20% che incide nei costi di progettazione. Sin dalla stesura del primo piano si dovrebbe prevedere “un piano dei rischi” composto dal calcolo di possibilità che un danno si verifichi. Motivo per cui è meglio sempre inserire un budget di contigency, in grado di garantire dei correttivi in corso d’opera. Il danno potrebbe verificarsi sotto forma di allagamento del deposito, o piuttosto una valutazione sbagliata della risorsa umana selezionata che rallenta il processo. Con il Project Management ben applicato, aggreghiamo indicatori diversi che permettono di configurare la proposta ottimale: le soluzioni tecniche più efficaci e il budget economico correttamente calcolato.

Creare dialogo per costruire relazioni di fiducia

Una parte importante del corso sembra legata all’apprendimento di un linguaggio specifico


Assolutamente sì, c’è un linguaggio che è necessario utilizzare con chiarezza perché rende comprensibili gli obiettivi comuni e rende possibili il dialogo tra i diversi portatori d’interesse, i famosi stakeholder, che sono dentro e fuori l’istituzione per cui si lavora. In gioco c’è il tema della committenza, di cui bisogna saper interpretare i bisogni, creando relazioni di fiducia all’interno di un modello di business. Stranamente in Italia c’è ancora una certa remora a parlare di business applicato all’investimento culturale come se non si potessero stimare dei ritorni.
Il project management, pur avendo una parte introduttiva teorica si presta ad essere raccontato in modo efficace e avvincente attraverso degli esempi pratici. Le lezioni non sono mai frontali ma sempre molto interattive.

Gestire competenze integrate, un valore aggiunto

Ha citato spesso la war room per la creazione di un team vincente, un lessico che sembra preso in prestito dall’arte militare


In qualche modo si tratta di una guerra, di una battaglia sul campo che si vince se si conoscono i limiti e gli ostacoli da superare. Ma soprattutto la vittoria è resa possibile dall’organigramma di progetto, dalla composizione strategica del gruppo di lavoro, dalla cui diversificazione dipende spesso il successo. Si tratta di mettere insieme e coordinare competenze complementari: umanisti, informatici, gestionali, esperti di comunicazione.

Fare squadra non è uno slogan

Quanto contano le soft skills nella pianificazione dell’intervento?


Nel project management le soft skills sono fondamentali, perché le competenze senza capacità relazionali non sono sufficienti. Per noi di Hyperborea, ogni processo di selezione tiene conto di entrambi gli aspetti, e grande attenzione è data all’analisi della compatibilità caratteriale del team.

La soddisfazione del Committente è il vero successo

Quale progetto tra i vostri ultimi casi lo definireste di successo?


Avendo tanta esperienza, ci sono molti casi riusciti. Di recente abbiamo gestito un progetto per l’Agenzia di demanio di Napoli, i cui tempi di attuazione erano molto stretti. Sette mesi in tutto per concludere l’intervento coordinando un gruppo di lavoro di oltre 15 persone. L’aver portato a termine il lavoro, come da previsione e nonostante qualche difficoltà, ha confermato che una corretta pianificazione permette di gestire le criticità in corso d’opera e di arrivare all’obiettivo, anche quello più sfidante. È stata una soddisfazione per noi e, cosa più importante, per il Committente.

Un metodo valido per tutti

Chi sono i destinatari del corso e più in generale del modello del project management?


Potenzialmente siamo tutti noi, dalla piccola e media impresa, alla grande istituzione, anche pubblica, al libero professionista. La metodologia si adatta sia per il piccolo che per il grande caso. Le procedure non cambiano. L’importante è saper comunicare prima, dopo e durante. Per questo nel gruppo di lavoro non dovrebbe mai mancare un esperto di comunicazione che garantisca sempre visibilità al progetto. La sostenibilità futura dipenderà sempre di più dalla rete di relazioni che si riesce a creare per attirare risorse economiche  e generare valore tra gli stakeholder.