Saper fare le giuste domande

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Saper fare le giuste domande

Saper fare le giuste domande per gestire l’intera filiera archivistica

Un’occasione per riflettere sui risultati raggiunti dal Laboratorio Archivistico

 

Intervista a Enrica Meregalli

 

In occasione del convegno finale “Valorizzare i patrimoni culturali complessi” della prima edizione del “Laboratorio Archivistico. Metodi e tecnologie per il management e la valorizzazione di patrimoni culturali complessi”, ideato da Hyperborea in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, il 7 febbraio abbiamo intervistato Enrica Meregalli, Direttrice della Biblioteca di Brughiero. Un’occasione per riflettere sui risultati raggiunti come effetto della metodologia adottata e sul valore generato dal mettere insieme competenze diverse, con i suggerimenti da tenere in mente per la prossima edizione autunnale del Laboratorio Archivistico.


Learning by doing

Qual è la metodologia del Laboratorio Archivistico che ha reso la formazione differente rispetto ad altre proposte del settore?


Credo che l’adozione del Learning by doing, ovvero dell’imparare facendo, sia l’elemento caratterizzante del corso, la cui innovazione nasce dall’aver dimostrato che la metodologia si applica perfettamente al mondo archivistico, spesso impermeabile ad altre discipline. Attraverso l’approccio laboratoriale proposto in occasione dei cinque moduli didattici, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci in modo diretto con il fondo archivistico della Scuola di pubblicità Campari, messo a disposizione dall’Università Cattolica, che abbiamo materialmente tirato fuori dagli scatoloni. In questo modo, abbiamo appreso le competenze necessarie per gestire l’intera filiera archivistica, ripercorrendo tutti i passaggi per ordinare, digitalizzare, stimare tempi e costi di lavoro, inclusa la scelta del software, valorizzare e rendere economicamente sostenibile il fondo esaminato. La scelta di Hyperborea di scomporre il lavoro in pezzi formativi, fornendo contemporaneamente una cornice di senso in grado di tenere insieme le parti, ha reso comprensibile al gruppo di lavoro il valore e la visione multidisciplinare dell’offerta didattica, chiarendo perché oggi sia necessario non solo conservare ma anche far parlare le fonti e perché sia importante mettere insieme mondi diversi. Questa “diversità” dal nostro punto di vista andrebbe garantita anche attraverso i criteri di accesso al corso, nella nostra esperienza la non esclusiva provenienza archivistica dei partecipanti ha rappresentato sicuramente un punto di forza.

Visioni e approcci differenti sono un valore

In che modo la diversità del gruppo ha contribuito all’arricchimento dei moduli?


L’eterogeneità formativa dei partecipanti al corso ci ha permesso di confrontarci con modi differenti di approcciare i documenti. L’aver interrotto la verticalità con cui normalmente vengono studiati gli archivi, ci ha suggerito letture trasversali e orizzontali del fondo in esame, facendo emergere visioni spesso opposte e resistenze che provengono dall’attaccamento al proprio ruolo professionale. Per chi come me proviene dal mondo delle biblioteche l’esigenza primaria all’apertura degli scatoloni è stata quella di studiare e leggere i documenti, per gli archivisti invece era prioritario mettere a posto i documenti. Insieme abbiamo compreso per esempio che il lavoro di indicizzazione alla base del sistema bibliotecario, non è automatico nei processi di archiviazione e che questa diversità genera maggiore o minore propensione ad adottare i percorsi di valorizzazione proposti dal corso. Se la valorizzazione è uno sbocco naturale per chi giornalmente è chiamato a raccontare i contenuti dei libri, fornendo servizi e consulenze che spingono a mettersi all’ascolto della comunità che rappresenta, lo stesso principio non sempre vale per gli archivisti. Si tratta quindi di mediare e di trovare un equilibrio tra due approcci differenti, motivo per cui abbiamo trovato utilissima la figura di un tutor costantemente in aula, che sapesse bilanciare e correggere le due spinte.

I vantaggi della pluralità di competenze

Ritiene quindi che la composizione di un gruppo “misto” debba essere riproposto anche nella scelta dei docenti?


Assolutamente sì, la formazione mista è decisamente un valore aggiunto. Per noi è stato molto utile poter misurarci con accademici, liberi professionisti e esponenti di aziende, che ancora una volta ci hanno aiutato a comprendere chi sono di fatto gli stakeholder che in termini lavorativi ruotano attorno alle esigenze degli archivi, coniugando teoria e pratica, ma anche mostrandoci gli sconfinamenti che permettono di leggerli in modo nuovo. In quest’ottica, il fundraising diventa un racconto che va confezionato per trovare le risorse necessarie per sostenere un pezzo, o l’intero processo archivistico.

Tanti ottimi spunti per la prossima edizione

Per migliorare la formula del Laboratorio Archivistico e dei moduli in vista della seconda edizione, che cosa consigliereste come classe?


Dal confronto tra noi è emerso il desiderio di avere un po’ più tempo per approfondire alcuni dei moduli previsti. Per esempio, il modulo di Project management si è rivelato utilissimo perché di fatto ci ha aiutato a “scomporre” i pezzi di progetto in parti e obiettivi misurabili, ed è una metodologia che si applica a tutte le sfere del lavoro, al di là del contenuto specifico. In particolare, ci sarebbe piaciuto destinare più ore alla parte relativa all’analisi dei costi; così come pensiamo che il modulo di valorizzazione andrebbe spezzettato in due momenti, di fatto anticipando la prima parte subito dopo l’analisi archivistica, e proponendo l’ultimo pezzo nel modulo finale, così da avere più tempo di riflessione per proporre un progetto di valorizzazione a misura del fondo archivistico proposto in aula. Come ultima sollecitazione c’è quella di usare sino alla fine la simulazione generata dall’analisi del fondo Campari, perché una maggiore aderenza in tutti gli step permette di capire ancora meglio i processi reali e i limiti anche temporali ed economici con cui confrontarsi. Per esempio il modulo del fundraising oltre a fornire buone pratiche potrebbe suggerire come comportarsi concretamente per trovare risorse per rendere sostenibile il fondo esaminato.

Il bilancio finale

Ripercorrendo i moduli sostenuti, qual è il bilancio del corso in termini di risultati raggiunti?


Io credo che il valore più grande sia quello di imparare a fare le giuste domande. Ritengo che ci siano stati trasferiti efficacemente linguaggi e strumenti tecnici, e in fondo sta a noi saperli adottare e replicare nei nostri contesti lavorativi che tradotto in azioni apprese significa saper valutare le offerte dei fornitori (dalla scelta del software, ai sistemi di digitalizzazione), saper stimare i tempi e i costi di intervento, conoscere gli standard archivistici e le relative certificazioni, confrontarsi con esempi alti di valorizzazione e apprendere nuove strategie per la raccolta dei fondi. Il livello degli insegnanti è stato molto alto, e a tratti, come nel caso del modulo della valorizzazione, siamo stati spinti ad andare oltre le nostre reali possibilità di progettazione del fondo archivistico a disposizione. Penso che occorra trovare ancora una volta un equilibrio tra quello che si può fare e quello che si può solo immaginare, magari accettando che una parte della creatività andrà delegata a professionisti più competenti di noi nei processi di valorizzazione. Lo sforzo credo che sia di lavorare in aula per rendere accessibili e a portata di mano le competenze apprese.