Fattibile o non fattibile

La soluzione ottimale non è più un problema | Anna Fuggi

In vent’anni di esperienza nel settore dei servizi archivistici mi sono ritrovata a pensare e a scrivere diversi studi di fattibilità. Confesso! Molti sono nati per nostra stessa iniziativa, suggeriti come primo step utile a consentire ai nostri interlocutori del momento – più o meno consapevoli – di concedersi un’esperienza di riflessione per comprendere al meglio i propri bisogni.

Un passaggio indispensabile per mettere ordine ai propri desiderata e misurare le “proprie forze”.

Ho scritto, di conseguenza, studi di fattibilità per grandi, medi e piccoli progetti, con lo scopo ogni volta di dare sostanza e individuare la soluzione ottimale per quella che all’inizio è solo e sempre “un’idea di massima”, spesso solo immaginata. E così, insieme ai miei diversi interlocutori, ho fissato e descritto nero su bianco, le linee guida per la soluzione ottimale, esaminato le alternative, stabilito a grandi linee il piano di impegno economico da sostenere, delineato i tempi necessari per raggiungere l’obiettivo, a partire da precisi vincoli, costantemente in equilibrio fra rischi ed opportunità.

E ho maturato una certezza: i risultati ottenuti con la realizzazione di uno studio di fattibilità sono decisivi.

Convincono alcuni ad abbandonare progetti “poco convenienti” e a dirottare le energie verso obiettivi meglio raggiungibili e a volte più necessari; ad altri suggeriscono di procedere per step, trasformandoli nei punti fondanti della progettazione esecutiva. I risultati di un vero studio di fattibilità fanno emergere anche le professionalità da coinvolgere.

E soprattutto, le indicazioni economiche – il budget necessario per raggiungere gli obiettivi.

Ma quali sono gli strumenti di riflessione e di lavoro che decretano la “qualità” e rendono uno studio di fattibilità realmente utile ed efficace?

La mission. Gli obiettivi del nostro interlocutore, in termini di bisogni e di desiderata da raggiungere, dovranno informare e guidare il lavoro. Sono il punto di partenza dello studio, dell’analisi e di ogni scelta che dovremo affrontare. Sono i “vincoli” dell’agire, sono l’idea di massima che deve trovare o anche non trovare concretezza. Per questo, la mission deve es- sere ben chiara, ben compresa e condivisa. Se non lo è, deve essere chiarita, calibrata e resa evidente, in modo da attivare azioni di analisi e scelte di progettazione che siano realisticamente efficaci.

Gli stakeholders. Gli attori protagonisti e non, con cui saremo in contatto durante tutto il processo, i destinatari dei risultati e coloro che concorrono per raggiungerlo. Sono diversi e con diversi intenti e necessità. Il committente, i suoi referenti interni, i professionisti specializzati che consulta a diverso titolo e infine i suoi stessi fornitori: prima li conosceremo e li ascolteremo, più semplice sarà la strada, più facile sarà mitigare i rischi e cogliere le opportunità.

Cosa fare per centrare il risultato.

Il viaggio nella fattibilità è disseminato di bivi, non è per nulla lineare, ma ormai dopo diversi anni, posso affermare che tutto è “fattibile”, anche se a determinati vincoli e condizioni. Il difficile sta proprio nel mantenere fede ai vincoli e nel definire le condizioni ottimali! Nel tempo ho adottato un metodo di lavoro che consiste nel fissare alcuni passi ab origine. Tali “paletti” ci saranno molto utili nel cammino, perché saranno gli elementi di controllo e di verifica del lavoro che via via si dipana. Eccoli.

Si sa che chi ben comincia è già a metà dell’opera. Quindi il primo passo è scontato, dobbiamo fissare la mèta, l’obiettivo! Conoscere nel dettaglio gli intenti, l’idea di massima del nostro interlocutore, farla nostra. Questo ci consente di partire con il piede giusto. E ancor più efficace sarà la partenza, se saremo abili nel coinvolgere tutti gli attori interessati: la conoscenza reciproca pone sempre buone basi per una collaborazione proficua.

Poi, la prima tappa – stabiliamo da dove si parte. Questo momento serve a studiare e ad approfondire il contesto di partenza, serve a classificare i vincoli. Questo è il momento in cui mettere in campo capacità di analisi e osservazione, conoscenza del dominio, attitudine per le relazioni umane e oggettività d’intenti. Dobbiamo stabilire dove ci troviamo ora e quanto siamo lontani dalla desiderata mèta.

Si tirano le prime somme. Assorbito il contesto, comprese le caratteristiche del punto di partenza, è necessario esprimere una prima valutazione complessiva sulla direzione del viaggio, sui pro e i contro legati al raggiungimento di quella specifica mèta. Questo è un momento fondamentale di confronto con tutti i nostri interlocutori, quelli principali e quelli di contesto: è l’attimo in cui si “prende la mira”. Poi dovremo far centro!

La strada da percorrere. Ecco il momento di espansione, quello in cui dobbiamo fissare il percorso ottimale da seguire, vagliate le diverse alternative. Si tratta di elaborare linee guida generali di progettazione per dare corpo a quella che è un’idea di massima. Cosa che, anche se ben definita, richiede inevitabilmente competenze multi-ambito, capacità progettuali e manageriali, esperienza diretta sul campo e un pizzico di “visione”. Insomma la solita triade: attitudine, conoscenza, esperienza.

Cosa si fa in questa fase è facile a dirsi.
In relazione agli obiettivi e al punto di partenza, dobbiamo identificare e descrivere la soluzione consigliata. E nella soluzione consigliata, indicheremo anche le macro-attività da svolgere, eventualmente articolate in moduli autonomi, fissandone gli obiettivi specifici e le necessarie propedeuticità. Si raccomandano, poi, i profili professionali da utilizzare, si elencano le tecnologie e i materiali necessari all’esecuzione e al successo di ogni step.

E dobbiamo smascherare eventuali rischi, consigliando i modi per evitarli o mitigarli. Infine dovremo elencare le opportunità che si possono presentare lungo la strada, o che è bene “cercare” di attivare a sostegno delle azioni e quindi dell’idea.

E finalmente siamo al budget del viaggio. Quanto costerà indicativamente tutto ciò? Quanto devo impegnare per partire e arrivare alla tanto desiderata mèta? Intanto è bene concordare con gli interlocutori le unità di misura da utilizzare per esprimere i tempi di esecuzione (anni, mesi, giorni…) e i costi da sostenere (a corpo, a misura, a giornate…).

Poi procediamo con le stime. Cosa si stima? Tutto ciò che è stimabile!
Le stime saranno inevitabilmente “a forbice”, e per ogni voce di costo e per ogni slot temporale è bene indicare la percentuale di scostamento possibile! Questo è il momento in cui il cavaliere deve fare l’impresa, perché questa è la fase più delicata. L’aver operato sul campo in diversi progetti di diversa entità, la qualità dei dati raccolti e analizzati, l’affidabilità delle loro elaborazioni, il bagaglio di soft skills che si è capaci di esprimere e tanto altro sono elementi preziosi in questo mo- mento. Qui val la virtù.

La borsa degli attrezzi. Quali sono gli strumenti per costruire il risultato? Prima di ogni cosa le interviste agli interlocutori e a tutti gli stakeholders qualificati, ben preparate e ancor più ben pianificate ed eseguite. Poi i sopralluoghi, anche questi da pianificare e da condurre con accortezza e attenzione per i dettagli. E infine strumenti utili per la costruzione di un documento e dei suoi allegati finali, lo studio vero e proprio.

L’arrivo a destinazione. In cosa consiste il risultato?
In un documento di progetto generale, in cui illustriamo la soluzione ottimale per centrare l’obiettivo, ben pensata e condivisa. Si tratta di un elaborato programmatico, completato o meno da eventuali allegati. Un documento che, dopo aver illustrato l’idea di massima, fornisca in dettaglio, in una prima parte, le informazioni sullo stato dell’arte, individui e descriva le linee d’intervento in una seconda parte, illustrando anche possibili alternative e, in una terza parte, mostri le ipotesi di costi e tempi d’esecuzione della soluzione. Consiglio una veste grafica adeguata, un testo ben articolato e chiaro nella scrittura.

Finish! Siamo arrivati al traguardo. Spero di essere stata chiara e soprattutto di aiuto. Fino ad oggi, ho reso “fattibili” diverse idee di massima, e ho avuto tanti e ottimi compagni di viaggio.

A tale proposito, voglio ricordare almeno tre casi di successo. Facile, sono tre esperienze indimenticabili.
Cito come amarcord la mia prima impresa, lo studio di fattibilità per l’Archivio storico di Unicoop Firenze, per la costituzione di un grande archivio di concentrazione, la gestione e la divulgazione di un archivio d’impresa, che oggi esiste e funziona bene.

Aggiungo il lavoro più articolato, quello per la Fondazione “Micol Fontana” di Roma, per la conservazione e la tutela, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio storico delle Sorelle Fontana, caposaldo della moda italiana, patrimonio che è archivio e insieme museo. Uno studio che proponeva come soluzione un procedere per step, che va verso il suo secondo modulo. Infine quello più “particolare” per la location e le conseguenze che ne derivano: lo studio di fattibilità per l’Archivio storico del Comune di Venezia, un archivio lagunare, per la conservazione e la tutela, la gestione e la digitalizzazione di un patrimonio di oltre sette chilometri di documenti.